20 febbraio 2017

Ori e argenti fusi per pagare il riscatto di Roma a Napoleone (1796/97) -1

L. Valadier, Cartegloria in argento
sec XVIII
Chi non giudicherebbe una pazzia portare a fondere un prezioso gioiello in oro o in argento? Eppure è accaduto. 
Roma era celebre per la grande diffusione di oggetti in argento e oro, sacri e profani, provenienti da famose botteghe. 
E il livello qualitativo raggiunto dall’arte orafa nel sei-settecento era altissimo.
Gli stessi orafi lavoravano per il Papa, per i ricchi cardinali, per le famiglie nobili, per  le chiese, i luoghi pii e per i grandi mecenati non solo italiani ma anche stranieri. 
collezionisti di questi preziosi oggetti sanno che il 19 febbraio 1797 è stato un giorno di lutto per i capolavori dell'arte orafa accumulati per secoli nello Stato pontificio. 
In questa data si impose una tragica requisizione di preziosi oggetti in oro e in argento alfine di pagare un tributo imposto da Napoleone Bonaparte.

IL TRATTATO DI TOLENTINO. La firma, in quella data fatale, del trattato di Tolentino fra Napoleone e il cardinale Mattei, rappresentante di Pio VI,   rappresenta un durissimo colpo inferto al patrimonio storico-artistico dello Stato pontificio, che vantava una grande tradizione (1). 
Si era arrivati a questo punto in quanto, il papa, dopo un primo accordo con i francesi, aveva chiesto aiuto all'Austria, facendo irritare Napoleone

Le cronache del tempo raccontano della fretta, di trattative molto tese, di stizze, di ripicche (etc..) che portarono Napoleone ad imporre un accordo penosissimo per l'enorme patrimonio storico-artistico italiano.
La Santa Sede dovette accettare le pesanti imposizioni di Bonaparte che riguardavano la consegna, quale bottino di guerra, di un numero straordinario di opere e oggetti d’arte. Ma non solo. In seguito a quanto stabilito con l’articolo 12, il papa doveva racimolare in un tempo brevissimo in denaro contante, in diamanti e altro valore, la vistosa somma di 15 milioni di lire tornesi di Francia. 
REQUISIZIONE DI TUTTI GLI OGGETTI PREZIOSI. A causa dell’aggravarsi della situazione economico-politica a Roma e nello Stato pontificio, in conseguenza del conflitto con le armate francesi condotte da Napoleone e dalle dure condizioni imposte dal trattato di Tolentino,  Pio VI (1775- 1799) prese la drammatica decisione di requisire tutti i preziosi in possesso dei romani e degli abitanti delle altre province dello Stato pontificio. La richiesta era rivolta sia ai privati che alle istituzioni religiose.
Firma del trattato
 di Tolentino
Il motivo di tale esproprio era dettato dalla necessità di avere metallo prezioso disponibile subito, pronto per essere fuso e quindi accrescere la coniazione di monete.

CONSEGNA ALLA ZECCA DI TUTTI GLI OGGETTI PER ESSERE FUSI. Tutti gli oggetti requisiti (in oro, argento e pietre preziose) dovevano essere consegnati alla Zecca di Roma per essere fusi. Immaginiamo il valore del prezioso patrimonio esposto nelle chiese o in mano alle famiglie nobili. 

Privati cittadini, chiese , luoghi  pii  di Roma e dello Stato dovevano presentare le assegne (2) che erano  dichiarazioni sottoscritte, che attestavano il possesso dei preziosi fatte all’amministrazione finanziaria. 
Queste dichiarazioni dovevano essere consegnate ad un notaio segretario e cancelliere della Camera apostolica, funzionario incaricati per l’appunto di attestarne il ricevimento e conservarle in archivioSi trattava  in sostanza di una autocertificazione.
Come imposto dal provvedimento  i cittadini onesti, i preposti alle chiese e comunità religiose...avrebbero dovuto denunciare ogni oggetto in loro possesso per poi essere fuso...
In alcuni casi si trattava di un unico cucchiaio d'argento, o del pomo di un bastone. Altre volte le dichiarazioni erano ovviamente più cospicue..
In un secondo momento, visto la scarsità di oggetti dichiarati, si aggiunse anche la requisizione di gioie (vedi articolo successivo).
Possiamo solo immaginare  il malcontento  di ricchi, meno ricchi e anche di religiosi (etc). Ma le dichiarazioni  corrispondevano a quanto effettivamente posseduto ? Non lo sapremo mai!!
Possiamo solo fare delle ipotesi..
Come conseguenza si scatenò, e ne parlemo in un altro articolo, un commercio clandestino, un mercato nero che  fa la fortuna di alcuni personaggi, commercianti e piccoli imprenditori già attivi a Roma e nello Stato.
MODALITA' DELLA REQUISIZIONE. I proprietari degli ori e argenti requisiti erano in piena libertà di esigerne il valore in cedole, o di formarne un investimento fruttifero con  la Camera apostolica in ragione del 5% ad anno o d’impiegarlo nell’acquisto di terreni a tenore della notificazione del 20 giugno 1796 . 
Avrebbero visto qualcosa come si dice  a Roma : a babbo morto!
La requisizione colpiva anche quelli del mestiere: orefici, argentieri, rigattieri per la merce in oro ed argento esistente presso di loro, con la clausola che la requisizione avrebbe interessato solo la metà del loro capitale in oggetti lavorati, e sarebbe stato aumentando il valore riconosciuto a questi ultimi aggiungendoci la manifattura, se nuovi.
Non sfuggivano inoltre alla requisizione le gioie impegnate nel Monte di pietà, e veniva anche rivolto un invito ai particolari possessori di gioie a portarle volontariamente al Monte di pietà, dove queste sarebbero state pagate il prezzo a stima.
Vedi anche altro articolo [...]

LE CARTE D'ARCHIVIO E LA BIBLIOGRAFIA. Grazie ai documenti conservati presso l'Archivio di Stato di Roma si possono seguire, attraverso il susseguirsi delle norme emanate, la procedura di esecuzione e di regolamentazione delle varie fasi, con cui si sarebbe concretizzata prima l'operazione di denuncia, e poi la consegna e stima  degli oggetti preziosi. Tutti gli aspetti della requisizione di oro, argento e gioie è nel fondo Collezione delle Assegne.
Inoltre utilissimi per ricostruire le vari fase dell'operazione è la collezione Bandi ed editti, sempre in ASR.
Vedi anche M. Morena, La requisizione di oggetti preziosi nello Stato pontificio in seguito al trattato di Tolentino (1797), in Ideologie e patrimonio storico-culturale nell’età rivoluzionaria e napoleonica. A proposito del trattato di Tolentino. Atti del convegno, Tolentino, 18-21 settembre 1997, Roma 2000, pp. XII, 648 (Saggi, 55)

Immagini: Firma del Trattato di Tolentino.A sinistra, il cardinale Alessandro Mattei, affiancato da Lorenzo Caleppi  (Tolentino, Palazzo Bezzi-Parisan) .
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1) In quel periodo è tutto un susseguirsi di avvenimenti. Il card. Mattei, plenipotenziario del papa Pio VI  scrive al Segretario di Stato: «Roma è salva, e salva la religione, ad onta di grandissimi sacrifici che si sono fatti».
2) Il sistema delle assegne era molto utilizzato e si poteva riferire all'accertamento di un qualsivoglia bene - in questo caso si trattava di oggetti preziosi-  ma potevano essere richieste anche per altre tipologie di beni posseduti (es. dalle proprietà immobiliari alle once d’acqua).
Per saperne di più> ASR, Collezione delle assegne e la collezione Bandi